April, 2013

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140 caratteri di intensità

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Ci sono fenomeni che prendono forma in modo così rapido che spesso non riusciamo a definirne né le potenzialità né i limiti senza invocare più tempo per formulare un giudizio. Ce ne sono altri, al contrario, che fanno della rapidità una delle caratteristiche del loro stesso successo, quasi avessero letto Calvino, o almeno una parte delle “Lezioni Americane”, a tal punto che per poter esprimere una valutazione siamo quasi costretti a essere più veloci delle loro metamorfosi. Il problema è: un fenomeno come Twitter, a quale dei due scenari appartiene? A entrambi, verrebbe da dire, o forse a nessuno dei due. Sta di fatto che Twitter non solo si è diffuso in modo estremamente rapido (la prima versione è del 2006, ma già da 3 anni la giuria “popolare” internazionale messa insieme da Jane Hart per individuare gli strumenti più utili per chi si occupa di e-knowledge lo colloca al primo posto della lista), ma ha anche aperto e sta ancora aprendo scenari e orizzonti del tutto nuovi in ambiti – dal giornalismo al marketing, dalla religione alla politica – che meriterebbero riflessioni approfondite, meditate con la dovuta “lentezza”. La pubblicistica su Twitter e i suoi molteplici utilizzi è ormai enorme: sono stati scritti articoli e libri su quasi tutte le possibili applicazioni del celebre microblog, ma è interessante notare come uno degli ambiti più esplorati da chi studia la genesi e l’effetto dei tweets sia la letteratura. Twitter è un enorme e straordinario laboratorio letterario, fin da quando ne hanno parlato in questi termini voci contrastanti come quelle di Bruce Sterling o Rick Moody. Non è poi così difficile capire il perché di questa particolare connotazione: qualunque sia l’intenzione o la motivazione di un tweet, in fondo si tratta di una forma di storytelling che si sta incamminando sulle praterie della società della conoscenza. Ma per saperne di più bisogna andare oltre questo post. Segnalo quindi volentieri un eBook interamente dedicato a questo ragionamento:

Lombardo, Sonia (2013), Narrativa in 140 caratteri, genesi della Twitteratura. StoriaContinua.
Disponibile su: Smashwords Edition e UltimaBooks.

Il libro prende in esame l’evoluzione e l’affermazione dei generi letterari basati sulle “regole” di Twitter “dalle Lezioni Americane al Twitter Fiction Festival”, delineando “tutte le tappe che hanno portato all’organizzazione dell’evento che ha consacrato la cosiddetta TwitterLit, partendo da un’analisi della tradizione legata alla narrativa breve, fino alla scelta dei primi autori di rielaborare le loro opere, spezzettandole in porzioni da 140 caratteri, piuttosto che inviarle alla classica casa editrice”. Si parte dal presupposto che “ormai tutti conoscono e usano Twitter, ma comporre una trama che sia avvincente attraverso brevi battute è davvero tutta un’altra storia. Bisogna saper sfruttare a pieno gli strumenti che la piattaforma mette a disposizione, soprattutto avere piena comprensione delle dinamiche che tali strumenti mettono in moto e come queste influiscono sulla stesura di un racconto. Non si tratta soltanto di spezzettare una storia in frasi da 140 caratteri, c’è molto di più dietro il successo di autori come Elliot Holt, Teju Cole o Matt Stewart”. Contano, in particolare, “le 3 caratteristiche fondamentali della Twitteratura”, che il libro aiuta a identificare e decifrare. Per scoprire una forma ancora fresca e originale di scrittura e lettura digitale.
[a cura di Mario Rotta, @mrxibis su Twitter]

Proporzioni divine

In occasione della giornata mondiale del libro, ecco un “gioiello” digitale godibile online grazie ad archive.org: il facsimile di una delle edizioni più antiche del trattato Divina Proportione di Luca Pacioli, con numerose figure geometriche e schemi matematici.

Divina Proportione

Divina proportione: opera a tutti glingegni perspicaci e curiosi necessaria oue ciascun studioso di philosophia: prospettiua pictura sculptura: architectura: musica: e altre mathematice: suavissima: sotile: e admirabile doctrina consequira: e delecterassi: co[n] varie questione de secretissima scientia. [Venetiis]: A. Paganius Paganinus characteribus elegantissimis accuratissime imprimebat.

Formati XHTML e altri, scaricabile per la consultazione offline.
Segnalato da: Mario Rotta, aprile 2013.

3 cose che ogni editore digitale dovrebbe sapere

Leggere le riflessioni di Mike Shatzkin sul futuro dell’editoria digitale è sempre un’esperienza illuminante. Shatzkin non cede mai alla scorciatoia della futurologia ed evita attentamente di delineare scenari astratti. Al contrario, esamina i fatti e ne riassume le specificità essenziali, suggerendo vere e proprie ipotesi di lavoro concrete e praticabili: è quello che accade anche in un suo recente articolo dal titolo fin troppo esplicito di The three forces that are shaping 21st century book publishing: scale, verticalization, and atomization. Che cosa intende suggerire Shatzkin? Si riferisce a tre “categorie” fondamentali per chi volesse, oggi, investire in attività di editoria digitale. La prima è la scala. Qualcosa di più di ciò che fino a un po’ di tempo fa chiamavamo “massa critica”: significa che gli editori digitali devono puntare sull’ampliamento costante della produzione digitale, superando il timore di non essere in grado di gestire il sovraccarico che essa potrebbe comportare. La dimensione conta, sostiene Shatzkin, e rappresenta anzi un vantaggio competitivo. Questo implica che solo i grandi editori potranno permettersi di essere protagonisti in questo tipo di mercato? No, perché entra in gioco il secondo fattore di successo, la verticalizzazione: che consiste nella capacità e nella possibilità (legata alla granularità stessa della rete) di rispondere in modo mirato alle istanze, ai desideri e alle preferenze dei lettori, indirizzando la produzione di contenuti digitali verso coloro che sono in grado di recepirla. A pensarci bene, è un rovesciamento del paradigma tradizionale: l’editore non seleziona più ex ante la produzione, scegliendo cosa pubblicare e quando in base al profilo del pubblico che ha definito come target; punta piuttosto su una produzione allargata intervenendo ex post sulla segmentazione della distribuzione, legata all’ascolto della voce stessa dei lettori. Questo fenomeno implica la condensazione di un terzo fattore, la cosiddetta atomizzazione: ciascun soggetto, in questo scenario, è una “componente critica”, poiché ognuno può, non soltanto in linea teorica ma anche in pratica, elaborare contenuti e indirzzarli verso specifici destinatari in qualunque momento, ovunque operi e senza bisogno di attuare grandi investimenti organizzativi o di capitali. Sapevamo già queste cose, o quanto meno ne avevamo sentore. Ma Shatzkin le riassume in modo organico, e lo scenario che ne deriva assume subito un significato più ampio: scala, verticalizzazione e atomizzazione non sono forse fattori da considerare in modo integrato in gran parte delle attività che si possono svolgere in rete? Non valgono forse per l’e-commerce in generale, per la pianificazione di una risposta concreta ai bisogni formativi nell’e-learning, nella gestione delle comunità virtuali o per la stessa azione politica basata sull’attivazione di reti sociali? E se è così, perché molti fingono ancora di non accorgersene e continuano a confondere il “prodotto” digitale con quello analogico, pretendendo di decidere aprioristicamente cosa distribuire e mettendo a punto strategie di marketing orientate a indirizzare le preferenze degli utenti anziché ascoltarne i desideri? Forse è solo questione di tempo.