3 cose che ogni editore digitale dovrebbe sapere

Leggere le riflessioni di Mike Shatzkin sul futuro dell’editoria digitale è sempre un’esperienza illuminante. Shatzkin non cede mai alla scorciatoia della futurologia ed evita attentamente di delineare scenari astratti. Al contrario, esamina i fatti e ne riassume le specificità essenziali, suggerendo vere e proprie ipotesi di lavoro concrete e praticabili: è quello che accade anche in un suo recente articolo dal titolo fin troppo esplicito di The three forces that are shaping 21st century book publishing: scale, verticalization, and atomization. Che cosa intende suggerire Shatzkin? Si riferisce a tre “categorie” fondamentali per chi volesse, oggi, investire in attività di editoria digitale. La prima è la scala. Qualcosa di più di ciò che fino a un po’ di tempo fa chiamavamo “massa critica”: significa che gli editori digitali devono puntare sull’ampliamento costante della produzione digitale, superando il timore di non essere in grado di gestire il sovraccarico che essa potrebbe comportare. La dimensione conta, sostiene Shatzkin, e rappresenta anzi un vantaggio competitivo. Questo implica che solo i grandi editori potranno permettersi di essere protagonisti in questo tipo di mercato? No, perché entra in gioco il secondo fattore di successo, la verticalizzazione: che consiste nella capacità e nella possibilità (legata alla granularità stessa della rete) di rispondere in modo mirato alle istanze, ai desideri e alle preferenze dei lettori, indirizzando la produzione di contenuti digitali verso coloro che sono in grado di recepirla. A pensarci bene, è un rovesciamento del paradigma tradizionale: l’editore non seleziona più ex ante la produzione, scegliendo cosa pubblicare e quando in base al profilo del pubblico che ha definito come target; punta piuttosto su una produzione allargata intervenendo ex post sulla segmentazione della distribuzione, legata all’ascolto della voce stessa dei lettori. Questo fenomeno implica la condensazione di un terzo fattore, la cosiddetta atomizzazione: ciascun soggetto, in questo scenario, è una “componente critica”, poiché ognuno può, non soltanto in linea teorica ma anche in pratica, elaborare contenuti e indirzzarli verso specifici destinatari in qualunque momento, ovunque operi e senza bisogno di attuare grandi investimenti organizzativi o di capitali. Sapevamo già queste cose, o quanto meno ne avevamo sentore. Ma Shatzkin le riassume in modo organico, e lo scenario che ne deriva assume subito un significato più ampio: scala, verticalizzazione e atomizzazione non sono forse fattori da considerare in modo integrato in gran parte delle attività che si possono svolgere in rete? Non valgono forse per l’e-commerce in generale, per la pianificazione di una risposta concreta ai bisogni formativi nell’e-learning, nella gestione delle comunità virtuali o per la stessa azione politica basata sull’attivazione di reti sociali? E se è così, perché molti fingono ancora di non accorgersene e continuano a confondere il “prodotto” digitale con quello analogico, pretendendo di decidere aprioristicamente cosa distribuire e mettendo a punto strategie di marketing orientate a indirizzare le preferenze degli utenti anziché ascoltarne i desideri? Forse è solo questione di tempo.

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